Dal carcere minorile al cammino di Santiago: il pellegrinaggio come riscatto

Riportiamo l’articolo comparso sul Corriere della Sera su un’esperienza molto importante vissuta dai ragazzi delle nostre comunità che potete trovare su questo articolo.

 

 


 Dal carcere minorile al cammino di Santiago: il pellegrinaggio come riscatto

Otto ospiti della comunità Cattafame di Ospitaletto tra i 17 e i 19 anni saranno accompagnati dalla coop Fraternità Impronta in un cammino spirituale

«L’uomo non può pensare alla propria vita se non come a un pellegrinaggio». Era una delle convinzioni più ferme di Giovanni Paolo II, parlando dell’uomo come pellegrino dell’assoluto. A Ospitaletto il pellegrinaggio diventa anche via di riscatto rispetto a scelte di vita sbagliate. Sono otto i ragazzi, ospiti della Cooperativa sociale Fraternità Impronta, protagonisti di un progetto esistenziale più che di semplice recupero. Il 13 ottobre per loro si aprirà la via del cammino di Santiago.

L’iniziativa

Nello zaino lo stretto indispensabile per i dieci giorni di sfida con se stessi e con i fantasmi del passato. Una sfida che potrebbe aprire una porta su un mondo e un futuro diverso, grazie ad un impegno che, secondo i racconti di chi lo ha già vissuto, rigenera, guarisce e libera. «Sono ragazzi tra i 17 e i 19 anni che hanno già conosciuto il carcere e sono sottoposti a provvedimento penale in misura di messa alla prova. Hanno commesso reati anche gravi, ma pensiamo che abbiano diritto ad un’altra possibilità». Pierangelo Ferraresi, presidente della cooperativa di cascina Cattafame e responsabile dell’area minori, li accompagnerà nel viaggio insieme a un altro operatore, Michele Zubani. «Cerchiamo di impostare la nostra attività su esperienze valoriali, per evitare che i ragazzi si trovino di nuovo nei guai, ma questa è una scommessa anche per noi». Forse è la prima esperienza di cammino condotta in Italia con minorenni sottoposti a provvedimento penale. In altri paesi europei è prassi consolidata nei programmi penitenziari e giudiziari. I ragazzi della comunità di Ospitaletto (25 ospiti in tutto) che non hanno avuto bisogno di farsi proporre due volte il progetto. «Per qualcuno è la prima volta all’estero e poi c’è la prospettiva di incontrare e confrontarsi con altra gente durante il tragitto. Sono agitati anche perché non sanno fino in fondo che cosa li aspetta. Sanno solo che sarà tosta». Condivisione e fatica sono le parole d’ordine della trasferta all’insegna della conquista di un obiettivo personale. E la conquista è cominciata ancora prima di partire. «Abbiamo chiesto ai ragazzi un contributo per il biglietto di viaggio (alloggio e altre necessità sono a carico della cooperativa, sulla scorta delle iniziative promosse sul territorio, l’ultima è stata la Sagra della lumaca)e chi non aveva i soldi, per poterselo pagare, ha lavorato nel ristorante della cooperativa».

210 chilometri da Ponferrada

All’orizzonte ci sono in tutto 210 chilometri, 20,30 chilometri al giorno, cioè a dire, 6, 7 ore di cammino alla volta, preparate negli ultimi mesi con uscite settimanali di trekking in montagna. C’è stata anche la preparazione spirituale, culturale e storica attraverso testimonianze dirette e la visione di filmati sul pellegrinaggio che tra il XIV e XV secolo, in alcune zone d’Europa , era adottato dai tribunali come forma di pena per chi si macchiava di reati. e più il reato era grave e più il cammino era lungo. I ragazzi di Ospitaletto arriveranno a Santiago, dove ritireranno la compostela (l’attestato di raggiungimento della meta), partendo da Ponferrada, annotando ogni singola sensazione di ogni singolo passo, su un diario che, una volta riempito di emozioni e fatica, diventerà strumento di rielaborazione del passato per gettare le basi del futuro. «Non pensiamo di fare miracoli — precisa Ferraresi — ma, lavorando sui singoli e sul gruppo, con una proposta incisiva, speriamo di riuscire a offrire ai ragazzi una tappa importante per il loro percorso di rieducazione e reinserimento sociale». Pieno appoggio anche da parte del tribunale dei Minorenni, nell’ottica di una riabilitazione e non di una punizione perché «camminare può essere una medicina, il carcere no».

lil.golia@gmail.com